L’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante, Is, Isis, Daesh) è nato
grazie ai finanziamenti delle monarchie del Golfo, in particolare del
Qatar, grande alleato e investitore in Occidente, su interesse degli
Stati Uniti, i quali si proponevano così di indirizzare energie forti
nella lotta contro Bashar al-Assad in Siria senza compromettere se
stessi.
La cosa essenziale era presentare mediaticamente l’Isil come un
movimento spontaneo, nato dal nulla in Siria, una forza capace con
chissà quali mezzi di richiamare decine di migliaia di giovani dal
Nordafrica, dal Medio Oriente e dal Caucaso e persino dall’Occidente, di
nutrirli, addestrarli e armarli, energie fresche e gratuite per l’unica
“Primavera Araba” che mancava all’appello, quella siriana, dove il
regime era (ed è) legato a doppio filo con la Russia di Vladimir Putin.
Di certo non era possibile far risultare mediaticamente l’ossatura di
base dell’Isil (cioè quel minimo con cui Usa e Qatar hanno interloquito)
quale parte integrante di al-Qaeda, il gruppo terrorista legato ad
Ayman al-Zawahiri. Lo stesso erede di Bin Laden è intervenuto con un
messaggio indirizzato alla Bbc l’8 novembre 2013 per prendere le
distanze sia dall’Isil che da un altro maxi-gruppo impegnato nella jihad
in Siria, Jabat al-Nusra.
All’inizio entrambe le formazioni dovevano combattere in modo unitario
con l’Esercito libero siriano (gli insorti) contro le truppe lealiste,
ma verso la fine del 2013 i forti dissidi sulle strategie, sulla
spartizione dei mezzi e soprattutto la prospettiva di allargare il
conflitto in Iraq ha spinto l’Isil a mettersi contro tutti, ovvero a
rivolgersi contro l’Esercito libero siriano, contro i curdi del nord e
soprattutto contro i miliziani di Jabat al-Nusra.
Un pasticcio che ha spinto al-Zawahiri a diffondere un messaggio
pubblico per prendere le distanze da entrambi, disponendo addirittura lo
scioglimento dell’Isil.
Il messaggio successivo del leader di al-Qaeda è del 5 febbraio, quando
con una dichiarazione riportata sul sito della Bbc ha confermato che
l’Isil “non è una branca di al-Qaeda, la quale non è responsabile delle
sue azioni”.
Tuttavia, vien da chiedersi, se l’Isil “non è una branca di al-Qaeda”,
come può al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, disporne lo scioglimento?
Il 20 aprile 2014 è comparso un nuovo messaggio di al-Zawahiri con il
quale ha respinto l’accusa mossa dall’Isil di aver tradito la causa
jihadista, sostenendo che il regime di Damasco si sarebbe infiltrato tra
i combattenti per alimentare le divisioni.
Ha poi aggiunto che “Se vi ordino di combattere i vostri fratelli
mujaheddin non mi obbedite, se vi comando di farvi saltare in aria in
mezzo ai vostri fratelli mujaheddin non mi obbedite”.
Infine ha ribadito che “Il nostro metodo consiste nel concentrarsi su
America, i suoi alleati crociati, i sionisti e i loro agenti traditori e
di incitare l’Ummah (comunità musulmana) a unirsi alla jihad contro di
loro, mettendo da parte le divergenze. Dobbiamo evitare operazioni che
potrebbero versare il sangue della parte sbagliata”.
Anche qui: come può al-Zawahiri “ordinare”, se l’Isil non è un gruppo che, alla fine, fa capo a lui?
In maggio il leader di al-Qaeda ha comandato nuovamente ad Abu Mohammed
al-Joulani, capo di al-Nusra, di cessare gli attacchi contro i
guerriglieri dello Stato Islamico, ma quel momento coincide anche con la
graduale conquista della scena mediatica da parte dell’Isil, per via
dell’avanzata in Iraq, per le barbare esecuzioni e per le atrocità
commesse sulle minoranze etniche e religiose.
In realtà tale ritardo non è giustificato, dal momento che l’Isil opera
in Iraq da molto tempo e Fallujah, una delle principali città del paese,
è caduta nelle mani degli jihadisti già in gennaio. Non solo: la
visione dell’Isil e di al-Qaeda come di due realtà nette e separate è
fuorviante e certamente voluta, basti pensare che il leader dello Stato
Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, è un individuo ascrivibile proprio ad
al-Qaeda.
Non rappresenta quindi una novità il fatto che oggi due branche di
al-Qaeda, quella magrebina dell’Aqmi e quella yemenita dell’Aqpa,
abbiano esortano i loro “fratelli mujaheddin in Iraq e nel Levante a
unirsi contro la campagna dell’America e della sua coalizione
diabolica”.
I vari gruppi, in realtà, sono da sempre legati fra loro e solo oggi,
quando è sotto gli occhi di tutti il fatto che a Usa e Qatar la
situazione è sfuggita di mano, si cerca mediaticamente di dimostrare che
l’adesione dell’Isil ad al-Qaeda sia in fase di realizzazione.
Le voci diverse delle varie frange di al-Qaeda potrebbero dimostrare
attriti e fratture interne, o peggio l’incapacità di Ayman al-Zawahiri
nel gestire la galassia dei gruppi di jihadisti, ma in realtà non è
così: astutamente e volutamente è stata fatta vedere al mondo una
separazione netta fra al-Qaeda e l’Isil, cosa che di fatto non c’è mai
stata, in quanto sarebbe stato impossibile far passare davanti
all’opinione pubblica occidentale l’idea che al-Qaeda va combattuta in
Afghanistan, ma che va benedetta in Siria. I nodi, però, tornano sempre
al pettine.
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