mercoledì 31 ottobre 2012

70 intellettuali palestinesi sottoscrivono una dichiarazione in sostegno della Siria e del suo governo

29/10/2012 – Settanta intellettuali palestinesi, scrittori e poeti hanno emesso un dichiarazione in cui si esprime solidarietà con il popolo siriano, la loro leadership e l’esercito a fronte dell’attacco imperialista loro rivolto.
 
La dichiarazione è stata firmata nel corso di una riunione del Comitato popolare per la Solidarietà con il popolo siriano e la sua leadership, nella città di Haifa, nei territori palestinesi occupati nel 1948.
La dichiarazione ha sottolineato che l’acuirsi del feroce attacco contro la Siria, alla luce della cospirazione araba, regionale e internazionale è “una vendetta al servizio dei progetti di egemonia coloniali nella regione araba, contro la sua posizione di resistenza panaraba”.
 
“Noi, parte viva e genuina del popolo arabo palestinese … non possiamo stare a guardare impassibili ciò che sta accadendo … perché il risultato di questa decisiva battaglia avrà il suo impatto sulle generazioni a venire. Pertanto, la nostra nazione deve conseguire la vittoria sui propri nemici, qualunque siano i sacrifici da fare”, i firmatari hanno sottolineato.
 
Essi considerato come propria responsabilità storica, nazionale e pan-araba dover “dire ad alta voce che siamo con il popolo siriano, con lo Stato siriano e con la leadership nazionale siriana,” esprimendo una forte denuncia nei confronti di qualsiasi ingerenza straniera nelle vicende interne siriane.
 
“Quando la Siria vincerá, sarà una grande vittoria perché sarà nell’interesse di tutta la nazione araba, dall’oceano al Golfo”, é detto nella dichiarazione.
 
Parlando alla tv siriana, Saeed Nafaa’, uno scrittore e analista politico palestinese, ha detto che la dichiarazione contiene due messaggi: il primo è che una parte importante di intellettuali palestinesi sostiene il processo di riforma in Siria, e la seconda è un’espressione di gratitudine verso la Siria, per le sue prese di posizione in favore della causa palestinese.
 
Da parte sua, Issam Makhoul, un altro analista, ha sottolineato che è giunto il momento che ogni cittadino prenda posizione nei confronti del complotto globale e dell’attentato terroristico contro la Siria”, cosa per la quale abbiamo deciso di sostenere il popolo siriano nell’affrontare questa cospirazione.”

martedì 30 ottobre 2012

Per gli Usa la caduta di Assad conta più della vita dei siriani

 
“La situazione in Siria è molto complessa, ma per gli Stati Uniti la cosa più importante è che Assad lasci il Paese per dare una possibilità a qualche cosa di nuovo”. Lo ha dichiarato ieri l’ambasciatore Usa a Roma, David Thorne, nel corso di un dibattito organizzato dall’agenzia di stampa italiana Adnkronos. Parole che rispecchiano in pieno la posizione dell’amministrazione di Washington sulla crisi in atto nel Paese arabo da oltre un anno e mezzo.
La Casa Bianca in questi mesi ha infatti dato prova di preoccuparsi molto più di favorire l’uscita di scena del presidente Bashar al Assad, che delle reali necessità e dell’incolumità della popolazione siriana. Lo dimostra la campagna mediatica messa in atto contro il governo di Damasco: da un lato viene dato ampio spazio alle notizie non confermate, e non confermabili, diffuse da ribelli, dissidenti e presunti attivisti anonimi attraverso la rete; dall’altro si fa di tutto per oscurare le notizie di attacchi terroristici, rapimenti e uccisioni sommarie di civili e militari, da parte delle milizie armate legate alle opposizioni estere. E mentre le prime sono continuo oggetto di discussione dei leader occidentali, che così facendo le avvalorano e ne favoriscono la diffusione, le seconde vengono quasi completamente ignorate, facendole finire nel dimenticatoio nonostante la loro importanza e fondatezza. Una strategia che ha portato gli Stati Uniti e i suoi alleati europei addirittura a non condannare gli attentati compiuti dalle truppe ribelli e dai gruppi estremisti nelle maggiori città del Paese. Attacchi che hanno provocato centinaia di vittime civili e non, bambini compresi, ma che gli Stati occidentali, gli stessi che anni fa hanno dichiarato guerra al terrorismo, fingono di non vedere anche perché in molti casi sono compiuti proprio grazie ai loro finanziamenti, al loro supporto logistico e alle armi fornite ai mercenari locali dalle monarchie del golfo loro alleate.
Soltanto ieri sono state due le autobomba esplose nella capitale siriana, facendo oltre 10 morti, una ventina di feriti e gravi danni a edifici e attività commerciali.
Ma si tratta solo di una parte delle informazioni che vengono omesse. In pochi sanno, infatti, che le milizie del sedicente Libero esercito siriano (Les), braccio armato delle opposizioni estere riunite nel Cns di Istanbul, utilizzano metodi tutt’altro che “democratici” e rispettosi dei diritti umani con i prigionieri o con i giornalisti che non si attengono alla linea dettata dall’informazione embedded occidentale. Sempre ieri il leader del Consiglio nazionale siriano, Abdel Basset Saida, è stato costretto a intervenire condannando la cattura del giornalista libanese Fidaa Itani da parte di un gruppo di ribelli siriani e chiedendone la liberazione. In un comunicato diffuso dai miliziani si legge che il reporter della tv libanese Lbc è stato catturato “perché il suo lavoro non è compatibile con la rivoluzione e i rivoluzionari siriani” e che per questo “sarà tenuto agli arresti per qualche tempo”. Come dire: se non lo capisce con le buone....
Altro segnale importante che può far capire i metodi utilizzati dalle milizie mercenarie stipendiate da Paesi stranieri è la notizia che riguarda la decisione di 29 militari dell’esercito regolare siriano di consegnarsi alle autorità turche, per evitare di finire in mano ai ribelli dopo la conquista, da parte di questi ultimi, del villaggio di Allani situato lungo il confine. Come avvenuto già altre volte, infatti, se i militari di Damasco fossero stati catturati dai miliziani del Les sarebbero stati certamente torturati e giustiziati. Pratica sostanzialmente avallata anche dall’inviato speciale per il conflitto in Siria delle Nazioni Unite e della Lega araba, Lakhadr Brahimi, che nel suo primo discorso dopo la nomina, proprio in relazione alle esecuzioni sommarie, evidenziò la difficoltà dei ribelli nel detenere i soldati catturati.

Lo stesso funzionario Onu in questi giorni sta effettuando un tour in Oriente alla ricerca di partner internazionali in grado di favorire una fine pacifica e negoziata della crisi. Tuttavia, ogni tentativo in tal senso resterà vano se prima non sarà l’Occidente a mettere fine a ogni tipo di ingerenze nel Paese arabo, le stesse che hanno portato allo scatenarsi di questa nuova guerra.

lunedì 29 ottobre 2012

Siria, La tregua Voluta dall'Occidente dura solo poche ore

È trascorsa esattamente come previsto la prima giornata di tregua, se così può essere definita, fra l’esercito di Damasco e le milizie ribelli legate ai movimenti di opposizione es...
teri che compongono il Consiglio nazionale siriano di Istanbul.
Il cessate il fuoco temporaneo voluto dall’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi, allo scopo dichiarato di favorire successivamente soluzioni di più lunga durata per la crisi in corso ormai da 20 mesi, è durato solo poche ore, oltre le quali gli attivisti dissidenti sono tornati ad accusare di presunte violazioni della tregua le autorità di Damasco, che a loro volta hanno replicato affermando di aver soltanto risposto al fuoco. Infine, proprio come accaduto purtroppo sempre più spesso nelle ultime settimane, un nuovo attentato ha sconvolto la capitale siriana. Un’autobomba è infatti esplosa nel quartiere meridionale di Daf Shuk, provocando 5 vittime, 32 feriti e ingenti danni materiali. Episodio replicatosi poco tempo dopo nella città sunnita di Deraa e a causa del quale 11 soldati sono rimasti feriti. L’attacco non è stato per ora rivendicato, ed è quindi difficile stabilirne la matrice, potrebbe comunque rappresentare l’ennesimo macabro biglietto da visita di uno dei tanti movimenti jihadisti che operano nel Paese con l’obiettivo di rovesciare le istituzioni e istituire un califfato islamico.
Si tratta di formazioni la cui esistenza, presenza e operatività in Siria sono state più volte provate, testimoniate e delle quali i Paesi occidentali, che si dichiarano da anni nemici del terrorismo, sono ben a conoscenza. Ciò nonostante Stati Uniti e alleati continuano a far finta di non vedere, lasciando questi gruppi radicali liberi di agire, in quanto, almeno per il momento, le loro azioni armate collimano con gli obiettivi che l’Occidente si è prefissato e per il raggiungimento dei quali arma e finanzia milizie mercenarie all’interno del Paese arabo.
Alla vigilia dell’entrata in vigore di questa tregua a regnare era lo scetticismo, tutte le parti in conflitto sapevano infatti benissimo che si stava discutendo dell’ennesima farsa messa in piedi da Onu e Lega araba per darla in pasto all’opinione pubblica internazionale, ma che ben poco avrebbe cambiato sul campo. I singoli Paesi membri delle due istituzioni agiscono di fatti in ben altro modo sul conflitto in corso, rendendo inutile e privando di significato ogni azione delle due organizzazioni internazionali.
I fronti sono definiti e gli obiettivi chiari, il resto è soltanto teatro propinato a tutti quei ben pensanti pronti a sostenere con forza ogni missione di pace voluta da Washington, ma a strapparsi le vesti di fronte alla parola “guerra”. Non è un caso che, proprio in relazione al cessate il fuoco in vigore, le grandi potenze internazionali siano tornate a parlare della necessità di inviare sul terreno una “forza internazionale di pacificazione delle Nazioni Unite”. Un esercito composto come ogni altro di mezzi blindati, aerei, elicotteri e militari armati, con l’eccezione dei caratteristici berretti blu.

Marionette da Gaza
“Viviamo il dolore del nostro popolo nei campi in Siria, dei martiri e dei feriti: questo spargimento di sangue deve cessare”, ha dichiarato ieri il premier di Hamas, Ismail Haniyeh, che inoltre chiesto al presidente siriano Bashar al Assad di allentare la “morsa sul popolo siriano fratello, che cerca la propria libertà e la propria dignità”. Non c’è che dire, proprio un bel cambio di rotta per chi aveva nella Siria fino ieri il miglior alleato. Ma, si sa, pecunia non olet, quindi 400 milioni di dollari dell’emiro del Qatar devono avere proprio un buon odore.

venerdì 12 ottobre 2012

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE


I firmatari della seguente interrogazione parlamentare, ad oggi, sono quattordici (lunedì se ne aggiungeranno sicuramente altri) e appartengono al PDL, al PD, all' IDV, a FLI e alla LEGA. 


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA



Al Ministro de
gli Affari esteri



Per sapere, - premesso che:

l’Associazione culturale “ L’Amicizia” (As Sadakah) – centro italo arabo per il Mediterraneo-, attiva dal 1994 nel promuovere iniziative di dialogo tra l’Italia e tutti i paesi arabi, aveva organizzato nei giorni scorsi una serie di incontri istituzionali in Italia dei parlamentari siriani Maria Saadeh ( rappresentante della comunità cristiano-cattolica) , Wail Al Ghabra ( leader moderato dell’indipendente Waid 3) e Samir Al Khatib ( scrittore ed esponente del Baath, partito di maggioranza a Damasco) con parlamentari e politici italiani, con la stampa, con il Comitato Italia-Siria, con la comunità siriana di cittadinanza italiana, con la comunità di Sant’Egidio ;

il Ministro interrogato avrebbe fatto pressione sull’ambasciata d’Italia a Beirut affinchè venissero negati i visti di ingresso alla delegazione siriana in occasione dei suddetti incontri con le istituzioni italiane;

gli incontri tra la delegazione parlamentare siriana, costituita da rappresentanti di maggioranza e di opposizione del Parlamento eletto legittimamente in Siria, e i membri delle nostre Istituzioni erano improntati su principi di dialogo e pace, organizzati allo scopo di ricercare una soluzione diplomatica alla grave crisi che da tempo interessa la Siria;

il diniego del visto alla delegazione siriana, la cui visita in Italia era stata programmata da lungo tempo, rappresenta un atto di inaudita gravità che vanifica i tentativi di dialogo e cooperazione tra Italia e Siria che il Centro Italo Arabo aveva tentato di perpetuare con il supporto delle Istituzioni parlamentari;

la ricerca della pace e della tolleranza tra i popoli attraverso il dialogo e la diplomazia rientra tra le finalità della nostra Repubblica espresse nei principi costituzionali e consacrati nell’art.11 della Costituzione che così recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”; -

se corrisponda al vero quanto esposto in premessa relativamente alle pressioni esercitate dal Ministro interrogato per il diniego dei visti di ingresso ai parlamentari siriani e, nel caso in cui tale circostanza risulti veritiera, quali sono le ragioni per le quali il Ministro interrogato ha ostacolato il rilascio dei visti d’ingresso alla delegazione dei parlamentari siriani.



On Paola Frassinetti

Manifestazione 20 Ottobre 2012 Firenze


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