MONS. MARIO ZENARI, Nunzio Apostolico in Siria:
"L’ESERCITO SIRIANO UNICO BALUARDO TRA LA POPOLAZIONE CIVILE E IL CALIFFO DEL TERRORE".
Natale in Siria e Medioriente: la strage degli innocenti per mano dei nuovi Erode.
«Nei prossimi giorni sentiremo il Vangelo della strage degli innocenti e
veramente qua si ha sotto gli occhi questa pagina del Vangelo: ecco la
strage degli innocenti e direi di tantissimi civili e soprattutto di
questi bambini innocenti. Mi sembra ancora sia attuale quel lamento di
cui riferisce il Vangelo di Matteo, citando il profeta Geremia: questo
lamento grande di Rachele che piange i suoi figli e che non vuole essere
consolata… Ecco, potremmo mettere al posto di Rachele la Siria, che
piange i suoi figli, che non sono più quelli che sono morti, soprattutto
i bambini, e quelli che non sono più perché quei milioni, 3-4 milioni,
hanno dovuto prendere la via dei Paesi vicini… Questa strade degli
innocenti è una pagina del Vangelo che la Siria sta vivendo». Sono
parole che monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha
consegnato a Radio vaticana in un’intervista realizzata in questi ultimi
giorni di Avvento.
Nelle parole del monsignore tutto il dolore
di un popolo: «C’è una bomba che sta scoppiando e che colpisce tutta la
popolazione e questa bomba è la conseguenza della guerra, è la bomba
della povertà. Una povertà crescente e una povertà che si fa sentire
soprattutto in questi giorni, in cui è cominciato l’inverno. Una insidia
quest’anno, non solo la fame e altre privazioni, ma direi anche il
freddo che sta colpendo tantissima gente. Un freddo da cui non ci si può
difendere, perché manca il combustibile o se lo si riesce a trovare, lo
si trova a prezzi esorbitanti che la gente non può permettersi. Tante
case sono distrutte, le porte e le finestre non si chiudono e quindi
tantissima gente in questi mesi, oltre alle privazioni del cibo e dei
medicinali, ha anche questa bomba del freddo che colpisce tutti quanti.
C’è della gente che è ancora sotto la pioggia di bombe, di mortaio o di
cannonate, quelli stanno ancora peggio… Però, tutti sono sotto questa
esplosione di questa bomba».
Parole piene di dolore quelle del
monsignore, che fotografano una realtà lontana, così prossima a quanti
hanno a cuore il destino di questo povero Paese martoriato da una guerra
che non accenna a finire.
I giornali ne scrivono sempre meno: le
cronache si limitano a narrare le nefandezze dell’Is, i proclami del
Califfo, gli interventi di dura riprovazione dei potenti di questo mondo
- in realtà alquanto episodici - contro l’orrore che tale mostro sparge
a piene mani. Ma la tragedia siriana è anche altro e più terribile,
come evidenziano le parole del nunzio.
Un popolo intero sta
pagando un prezzo altissimo ai progetti geopolitici di nazioni
interessate a mutare gli equilibri del Medio oriente attraverso un
cambiamento di regime in Siria. Progetti che prevedevano l’arruolamento
in massa di una legione straniera fatta di tagliagole e assassini vari
inviati in Siria allo scopo. Una legione appunto, termine che riecheggia
un’altra legione evangelica.
Quella legione, che oggi si fa
chiamare Is - semplice cambiamento di nome - non avrebbe alcun potere se
quei progetti geopolitici non fossero ancora accarezzati da tanti. Non
avrebbe forza se non godesse ancora di antichi e accettati sostegni.
Si è visto come anche la coalizione internazionale messa in piedi in
fretta e furia da Obama per contrastarla stenti, proceda per passi
ondivaghi quanto ambigui, segno evidente di una scarsa volontà politica
di fondo, di una mancanza di chiarezza sui veri scopi dell’intervento,
che vorrebbe contenere l’Isis ma non sembra aver cancellato del tutto la
segreta speranza di una caduta di Assad o quantomeno di un logoramento
ulteriore del suo governo. Per questo non si cercano convergenze, se non
tacite e limitate e solo se costretti dalla situazione, con l’esercito
siriano, ad oggi l’unico baluardo tra la popolazione civile e il Califfo
del terrore.
Non solo, ad aggravare la situazione le sanzioni
comminate contro la Siria. Si voleva colpire Assad e i suoi, si
infierisce su un intero popolo. Quell’accenno di Zenari alla mancanza di
medicine, benché fievole e remoto, risuona come atto d’accusa alto e
forte verso chi ne impedisce l’accesso.
Che questo Natale porti
conforto ai nostri fratelli siriani. Che questo Natale porti una nuova
speranza di pace. E’ il nostro augurio, la nostra preghiera.
Nessun commento:
Posta un commento