sabato 8 dicembre 2012

Dietro l’angolo? Il rischio di una guerra nucleare

Ieri la portaerei americana USS Eisenhower, con a bordo 8 mila militari ed 8 squadroni di cacciabombardieri è giunta dinanzi alle coste siriane.
Russia Oggi, nel riportare la notizia, dichiara probabile che si tratti del preludio di una azione militare ai danni del governo siriano.
Anche secondo il Times, ormai, l’amministrazione Obama intende lanciare l’attacco contro il governo di Damasco. Con la scusa di impedire alla Siria l’uso di armi chimiche contro le bande di terroristi (addestrati e pagati dall’Occidente e dai regimi infeudati arabi).
Secondo il sito israeliano Debka, la portaerei ha raggiunto lo USS Iwo Jima Amphibious Ready Group, che include 2500 marines. Per l’agenzia, per un attacco alla Siria gli Stati Uniti possono dunque già contare su 10 mila uomini, 17 navi da guerra, 70 cacciabombardieri, 10 incrociatori muniti di missili cruise e di sistemi antimissili Aegis.
Il quotidiano israeliano Maariv, informa, dal suo canto, che un “piano congiunto Usa-Gran Bretagna è già pronto” e che all’offensiva prenderanno parte anche truppe “alleate” (sic) di Giordania, Turchia e Israele, con il compito di occupare i depositi di armi e di sostenere una zona di interdizione al volo (la tristemente famosa no fly zone) sulla Siria per impedire i raid aerei di Damasco.
Come “ruota di scorta”, naturalmente, anche la Francia di Hollande che, come scrive il settimanale Le Point, “da tempo prepara segretamente” l’aggressione militare alla Siria.
Il quotidiano del popolo cinese – la Cina, come la Russia, ha più volte posto il veto all’Onu su qualsiasi soluzione non diplomatica del conflitto interno alla Siria – sottolinea da parte sua come “il dispiegamento di missili Patriot in Turchia” sembri parte di un piano di aggressione che “non contribuisce certo alla ricerca della pace nella regione” del Vicino Oriente.
Riassumiamo.
E’ stata immediatamente evidente, sin dall’inizio della destabilizzazione, l’“infiltrazione esterna” di terroristi anti-governo in Siria (si noti, come abbiamo più volte rappresentato su queste pagine, sia l’interesse geo-economico occidentale allo sfruttamento del più vasto giacimento di gas del Mediterraneo, tra Cipro, Siria, Libano e Palestina, e sia come il neo “presidente” del Cns, la cosiddetta “Coalizione nazionale siriana”, l’opposizione al governo di Damasco rastrellata dall’Occidente e dai suoi alleati locali, Moaz al-Khatib sia al contempo uno sceicco vicino ai “Fratelli Musulmani” nonché uomo d’affari e consulente della multinazionale dell’energia Shell).
Come è stata palese, da parte atlantica, la progressiva costruzione di un isolamento della Siria con il ritiro di tutte le delegazioni diplomatiche da Damasco, il riconoscimento di “rappresentanti” fantoccio dei “ribelli” (anche se tra questi prosperano bande salafite, integraliste sunnite, già presenti in Libia e comunque provenienti da altri Paesi arabi), le pressioni su Russia e Cina per “autorizzare” un nuovo devastante conflitto contro uno Stato membro dell’Onu, il continuo immaginifico riferirsi - come nel caso dell’Iraq invaso e occupato dagli angloamericani – all’esistenza di armi di distruzione di massa. Nel caso siriano, appunto, quelle armi chimiche che lo stesso presidente Bashar Assad ha escluso verranno mai impiegate in repressioni interne.
In breve: la costituzione del “pretesto” utile per permettere agli atlantici di sventolarlo e propagandarlo a onde di media embedded per giustificare una guerra di aggressione e di conquista in partecipazione con infidi e feudali “alleati” della regione.
Si ha la sensazione che a elezioni Usa consumate tutto sia stato predisposto a questo fine e che tale vergognosa aggressione sia stata oramai decisa. O quantomeno “messa in conto”.
Fatto sta che una tale aggressione alla Siria non è, né potrà, essere priva di catastrofiche conseguenze.
Negli equilibri internazionali, perché la conferma del “no” russo a tale invasione è stata reiterata. La Russia, tra l’altro, è da tempo operativa, in forza di una risoluzione Onu negoziata quest’estate a Ginevra, per inviare eventualmente in Siria una “forza di interposizione neutrale” composta da truppe del patto militare eurasiatico. E Mosca non può nemmeno prescindere dall’osservanza del patto di mutua difesa contratto con Damasco, patto che consente alla flotta russa la concessione dell’unica base navale della Federazione nel Mediterraneo: nel porto siriano di Tartous. Senza trascurare il “veto” cinese: si ricordi che la Cina è parte del gruppo di Shangai e che di questo patto è parte integrante, nel ruolo di “osservatore” anche la Repubblica islamica dell’Iran, il maggiore alleato della Siria nel Vicino Oriente.
Una deflagrazione nel Levante del Mediterraneo, si badi bene, coinvolgerebbe anche l’Italia, la “portaerei-colonia” degli Usa con le sue 113 basi militari disseminate nel suo territorio nazionale.
Dovremmo forse morire così, come servi sciocchi degli atlantici, magari lasciando la nostra terra patria deserta e impraticabile per migliaia e migliaia di anni?
Già. C’è anche il rischio nucleare. Gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, la Cina, la Russia e Israele… sono potenze nucleari belliche reali (e non soltanto “potenziali” come l’Iran).
Chissà se Giulio Terzi di Sant’Agata, atlantico di scorta, ne ha coscienza.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...