Acclarato ciò che è di per se stesso
ovvio, restano però da capire due cose, molto meno ovvie e molto meno
unanimemente condivise: combattere i terroristi, sì, ma in nome di cosa? E in che modo?
La risposta alla prima domanda chiama in
causa tutta la retorica di queste ore. Contro il fondamentalismo, si
dice, rispondiamo con i “nostri valori”. Ovvero con la
libertà, la democrazia, la tolleranza, l’illuminismo. Il che sarebbe più
o meno come curare la polmonite con una bella corsetta per i boschi, a
torso nudo, a gennaio.
Dal nostro rapporto con le altre etnie,
culture, religioni alla gestione dell’immigrazione, dalle nostre scelte
di politica internazionale alla cura della nostra sicurezza, dalla
nostra concezione della libertà d’espressione alle leggi sulla
cittadinanza: tutti, ma davvero tutti i pilastri su cui si reggono “i
nostri valori” sono messi in discussione da fatti come quelli di Parigi.
La chiamata alle armi per difendere l’Occidente dai barbari
(che avvenga in chiave destrorsa e sciovinista oppure progressista e
liberale) è surreale, perché non c’è nulla di più occidentale di questa
mostruosità. In queste ore, peraltro, non è mancato chi ha suggerito di
rispondere agli attacchi con una bella guerra. Ma a chi? Alla Francia
stessa, dato che i tre attentatori erano di passaporto francese? Quindi
cominciamo a dire che o si ripensa per intero il modo in cui noi
percepiamo noi stessi, o la si fa finita con l’Occidente, che è una
barca in fiamme alla deriva stile Norman Atlantic, o cominciamo a
ridiventare portatori di un progetto globale di civiltà, oppure è tutto
inutile.
La guerra al terrorismo, quella vera, la sta facendo un solo uomo e un solo popolo, nel mondo. È Bashar al Assad.
È il popolo siriano. È il dittatore, il nemico pubblico numero uno,
quello che per la cooperante Vanessa non è nemmeno un essere umano. Chi
ciancia contro il terrorismo e avversa Assad è stupido o è in malafede.
Comunque è complice oggettivo dei terroristi. Sia di quelli che sgozzano
in Iraq, sia di quelli che sparano a Parigi, che pare appunto fossero
appena tornati dalla Siria, dove avevano combattuto nelle file dei
ribelli.
Sì, diciamolo: Assad aveva ragione,
l’Occidente torto. Assad era nel giusto, l’Occidente si sbagliava. Assad
è il buono, l’Occidente è quanto meno complice dei cattivi. Quindi se
vogliamo salvare il salvabile, cominciamo a sostenere la Siria sovrana
in modo serio, magari trovando anche il tempo di scrivere due righe di
scuse da far recapitare in ambasciata. Questo è quello che c’è da fare.
Ma la crociata per difendere l’Occidente no, vi prego. Quella fatevela
da soli.
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