martedì 15 marzo 2016

Siria: Gentiloni si allinea ai ricatti dei “ribelli”, i colloqui rischiano il flop

Roma, 14 mar – Si addensano già nubi scure sopra i colloqui di pace che dovrebbero iniziare oggi a Ginevra sulla Siria. Da Damasco, il ministro degli Esteri Walid al Muallim traccia la linea rossa del governo siriano: all’inviato Onu Staffan De Mistura (sì, quello che aveva “brillantemente” gestito le fasi iniziali del caso Marò), secondo cui le elezioni presidenziali si dovranno tenere entro 18 mesi dall’avvio del processo negoziale, il ministro ha risposto che “né lui né nessun altro hanno il diritto di parlare di elezioni presidenziali. È un diritto esclusivo del popolo siriano”. De Mistura aveva detto che all’ordine del giorno dei colloqui ci saranno “tre questioni: un nuovo governo inclusivo, una nuova Costituzione e nuove elezioni che devono aver luogo entro 18 mesi a partire dall’inizio dei colloqui”. Per il segretario di Stato americano John Kerry le dichiarazioni del ministro siriano hanno un obbiettivo evidente, ed è “chiaramente quello di far fallire il processo di pace”.
A dettare la linea sono quei galantuomini dell’opposizione siriana. Salem al Meslet, portavoce della delegazione dell’Alto comitato dei negoziati nel quale sono raggruppati alcuni dei gruppi chiave dell’opposizione, ha dichiarato: “Noi speriamo che i negoziati comincino con discussioni sull’organo di transizione, che avrà tutti i poteri compreso quello del presidente della repubblica. Non ci sarà alcun ruolo in questo organo per coloro che hanno commesso dei crimini, compreso Bashar al Assad”. Nei giorni scorsi il negoziatore capo dell’opposizione Mohammed Allush ha affermato che questo periodo di transizione deve iniziare “con la caduta o la morte di Bashar al Assad”.
Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. Sulla Siria, ha detto, c’è “grande speranza”, ma “da parte del regime di Damasco non tutti gli impegni sono stati mantenuti” e ci sono ancora “zone sotto assedio”. Ci vuole una prospettiva politica, ha sottolineato il titolare della Farnesina: “Non è possibile immaginare una transizione in Siria e un nuovo contesto pluralistico e pacifico con ancora Assad alla guida”. Insomma, la Siria, par di capire, sta commettendo due peccati capitali: combatte ancora i terroristi e intende decidere da sé da chi farsi governare. Ma chi si credono di essere, questi siriani? Uno stato sovrano?

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