lunedì 29 settembre 2014
80 combattenti jihadisti arrivati dall’Italia sono nelle carceri siriane
Sono circa 80 i combattenti jihadisti arrivati dall’Italia che sono stati reclusi dalle autorità di Damasco nelle carceri siriane. Lo ha affermato il giornalista libanese Talal Khrais (nella foto), corrispondente del quotidiano Al Safir e responsabile delle relazioni internazionali del Centro Italo Arabo Assadadak, nel corso di un’intervista a Radio 24, Khrais ha rivelato che nelle prigioni siriane ci sono sia italiani che cittadini di origine magrebina, residenti nel nostro paese da molti anni. Il governo siriano, ha affermato il giornalista, non lo ammetterà fino a quando non saranno ripristinati i canali diplomatici interrotti dopo la strage di Hula del 2012, dove morirono centinaia di civili, attribuita erroneamente al presidente Assad.
Secondo il giornalista libanese, gli europei in Siria sono oltre 4000 su un totale di oltre 80.000 combattenti stranieri. Per quanto riguarda la sorte degli italiani rapiti, nessun dubbio che l’Italia stia trattando per la loro liberazione. Non manca una nota critica: “Chi entra in modo illegale nel paese, come dal confine turco, è esposto a questo rischio. Spesso gli stranieri sono venduti ancor prima di varcare il confine, come è successo al giornalista Domenico Quirico che entrò dal Libano. I suoi accompagnatori lo avevano venduto fin dal suo arrivo nella città di Tripoli. Anche con le due ragazze italiane è successa la stessa cosa. Il fatto che il governo italiano sia pronto a pagare un riscatto incentiva le bande criminali e i terroristi a continuare sulla via dei rapimenti, importante fonte di finanziamento per i gruppi armati. Oggi il confine libanese è molto più sicuro rispetto a qualche tempo fa, grazie al dispiegamento di Hezbollah che ha impedito che l’ISIS e al Nusra conquistassero posizioni nel paese dei Cedri”.
Khrais accusa la Turchia di collaborare con l’ISIS tanto da affermare: “La Turchia e l’ISIS sono la stessa cosa. Nei giorni scorsi abbiamo visto il governo di Ankara consegnare circa 50 carri armati ai terroristi per liberare i villaggi curdi siriani che resistevano da oltre tre anni. Poi vi domandate perché Erdogan si sia rifiutato di dare le proprie basi per i raid aerei contro l’ISIS? Sono complici. Si sa che molti generali turchi sono implicati in questa faccenda e prendono il doppio stipendio sia dall’esercito che dai terroristi. A mio avviso fa bene l’Italia a non partecipare all’azione militare, questa faccenda non ha nulla a che fare con il vostro paese ed è bene che il Governo Renzi ne stia alla larga. Anche perché, diciamola tutta, oggi non c’è una classe politica autorevole ed esperta in grado di comprendere come un tempo le complesse dinamiche del Medio Oriente”.
venerdì 26 settembre 2014
ILLEGITTIMI I BOMBARDAMENTI IN SIRIA, NUOVE MOBILITAZIONI DEL FRONTE EUROPEO.
Il Fronte Europeo per la Siria,
le associazioni che lo supportano, le comunità siriane che ne fanno parte,
scenderanno nuovamente in piazza per ribadire, oggi come non mai, la sovranità
della Repubblica Araba Siriana e per smascherare tutti quei governi che, con il
pretesto di abbattere il mostro del terrorismo islamico, ledono ancora una
volta il diritto internazionale e la libertà di un popolo che ha scelto da tempo
da chi essere governato e come difendersi.
Il Fronte Europeo per la Siria condanna fermamente ogni intervento militare in Siria
senza l’avvallo ed il coordinamento con le legittime autorità di Damasco.
Nelle scorse ore gli Stati Uniti hanno informato
l’inviato permanente della Repubblica Araba di Siria presso l’ONU, dott. Bashar
Al-Jaafari, che sarebbero iniziati i raid aerei contro ISIS in Siria.
Appena dopo l’informativa, cominciavano i raid
aerei e missilistici da parte della “coalizione” guidata dagli Stati Uniti e
comprendente anche alcuni stati arabi come l’Arabia Saudita, il Qatar, gli
Emirati Arabi e la Giordania. Le oltre 50 sortite aeree condotte fino ad ora, iniziate
nella notte tra il 22 e il 23 settembre, hanno colpito siti controllati da ISIS
nella città di Raqqa, Idlib, Aleppo e Deir ez Zor.
“Informare” il rappresentante di uno stato
sovrano senza stabilire un’effettiva collaborazione con le autorità siriane è
un’azione illegittima e lesiva del diritto internazionale, è a tutti gli
effetti una dichiarazione di guerra, anche perché quest’azione è avvenuta senza
una specifica risoluzione da parte delle Nazioni Unite, organismo che invece ha
sempre rigettato ogni ipotesi di intervento militare in Siria.
L’azione così portata avanti è da ritenersi
dannosa, tanto quanto i tre anni di azioni terroristiche dei gruppi
fondamentalisti contro il popolo siriano, ed inutile, perché senza un
coordinamento con il governo siriano, che nei mesi passati e ancor più nei
giorni scorsi ha sempre manifestato la propria disponibilità in tal senso, non
potrà essere risolutiva.
Oltre all’azione lesiva della sovranità siriana, la legittimità dell’ipocrita
coalizione messa in piedi dagli Stati Uniti è del tutto assente.
Assente perché in Siria, contrariamente a quanto diffuso
dai principali network mondiali e sostenuto dalle cancellerie dei principali
paesi occidentali, non c’è mai stata una “primavera araba”, non esiste nessun
fronte di “ribelli moderati”, esistono gruppi di terroristi fondamentalisti, di
cui ISIS rappresenta la fazione più forte e attualmente temibile, finanziati e
supportati dai paesi dell’area, Arabia Saudita, Turchia, Qatar e Giordania in
primis, fedeli alleati degli Stati Uniti.
Ipocrita perché gli stessi stati che oggi partecipano
alla coalizione anti-Isis sono i principali sponsor di tutta la galassia dei
tagliagole islamici. Praticamente con la sola eccezione della Turchia, che
addirittura non ha dato il suo appoggio alla coalizione, perché continua
esplicitamente a supportare i terroristi (pur essendo paese membro della
NATO…), è infatti di alcuni giorni fa la notizia della fornitura di 49 carri
armati ad ISIS in cambio del personale turco del consolato di Mosul preso in
ostaggio…
Gruppi fondamentalisti e terroristi che il governo e il popolo siriano combattono dal
2011.
Le contraddizioni della politica statunitense
sono chiare e palesi, non si può muovere l’opinione pubblica mondiale ad una
guerra contro i terroristi di ISIS e pubblicizzare e armare un’inesistente
“fronte moderato” composto da altri gruppi legati ad Al-Qaeda.
Non si può sostenere un’escalation militare in
Siria, senza il consenso del governo legittimo siriano e con il supporto, vero
o presunto, di quei governi (turco, saudita, qatariota, giordano, ecc.) che
sono i principali finanziatori, sostenitori e sponsorizzatori del terrorismo
internazionale di matrice islamica.
Governi che supportano attivamente e militarmente
le orde dei tagliagole di ISIS, che li finanziano acquistando il petrolio che
questo fantomatico stato islamico ruba al popolo siriano e iracheno, nelle zone
sotto il proprio controllo e rivende nei mercati occidentali attraverso la
Turchia, che sponsorizzano tutte quelle formazioni che da più di tre anni
massacrano i civili siriani e, tra questi, i cristiani.
Il Fronte Europeo per la Siria darà vita nei prossimi giorni ad una mobilitazione
permanente
in tutte le città, in tutti quei paesi europei e non, in cui sono presenti i nostri
attivisti, per chiedere lo stop delle azioni militari unilaterali da parte
dell’ipocrita coalizione USA in Siria.
Per chiedere agli stati occidentali ed europei,
il ripristino delle relazioni e la riapertura delle sedi diplomatiche con la
Siria.
Per chiedere ai propri rispettivi governi di
intraprendere colloqui con il legittimo governo siriano del presidente Bashar
Al-Assad, per sostenerlo e supportarlo attivamente nella lotta al terrorismo,
così come già fanno paesi come l’Iran o la Russia.
Per chiedere di sanzionare tutti quei paesi che
finanziano e supportano i tagliagole.
STOP US-IS!
Roma, 25/09/2014
le associazioni che lo supportano, le comunità siriane che ne fanno parte,
scenderanno nuovamente in piazza per ribadire, oggi come non mai, la sovranità
della Repubblica Araba Siriana e per smascherare tutti quei governi che, con il
pretesto di abbattere il mostro del terrorismo islamico, ledono ancora una
volta il diritto internazionale e la libertà di un popolo che ha scelto da tempo
da chi essere governato e come difendersi.
Il Fronte Europeo per la Siria condanna fermamente ogni intervento militare in Siria
senza l’avvallo ed il coordinamento con le legittime autorità di Damasco.
Nelle scorse ore gli Stati Uniti hanno informato
l’inviato permanente della Repubblica Araba di Siria presso l’ONU, dott. Bashar
Al-Jaafari, che sarebbero iniziati i raid aerei contro ISIS in Siria.
Appena dopo l’informativa, cominciavano i raid
aerei e missilistici da parte della “coalizione” guidata dagli Stati Uniti e
comprendente anche alcuni stati arabi come l’Arabia Saudita, il Qatar, gli
Emirati Arabi e la Giordania. Le oltre 50 sortite aeree condotte fino ad ora, iniziate
nella notte tra il 22 e il 23 settembre, hanno colpito siti controllati da ISIS
nella città di Raqqa, Idlib, Aleppo e Deir ez Zor.
“Informare” il rappresentante di uno stato
sovrano senza stabilire un’effettiva collaborazione con le autorità siriane è
un’azione illegittima e lesiva del diritto internazionale, è a tutti gli
effetti una dichiarazione di guerra, anche perché quest’azione è avvenuta senza
una specifica risoluzione da parte delle Nazioni Unite, organismo che invece ha
sempre rigettato ogni ipotesi di intervento militare in Siria.
L’azione così portata avanti è da ritenersi
dannosa, tanto quanto i tre anni di azioni terroristiche dei gruppi
fondamentalisti contro il popolo siriano, ed inutile, perché senza un
coordinamento con il governo siriano, che nei mesi passati e ancor più nei
giorni scorsi ha sempre manifestato la propria disponibilità in tal senso, non
potrà essere risolutiva.
Oltre all’azione lesiva della sovranità siriana, la legittimità dell’ipocrita
coalizione messa in piedi dagli Stati Uniti è del tutto assente.
Assente perché in Siria, contrariamente a quanto diffuso
dai principali network mondiali e sostenuto dalle cancellerie dei principali
paesi occidentali, non c’è mai stata una “primavera araba”, non esiste nessun
fronte di “ribelli moderati”, esistono gruppi di terroristi fondamentalisti, di
cui ISIS rappresenta la fazione più forte e attualmente temibile, finanziati e
supportati dai paesi dell’area, Arabia Saudita, Turchia, Qatar e Giordania in
primis, fedeli alleati degli Stati Uniti.
Ipocrita perché gli stessi stati che oggi partecipano
alla coalizione anti-Isis sono i principali sponsor di tutta la galassia dei
tagliagole islamici. Praticamente con la sola eccezione della Turchia, che
addirittura non ha dato il suo appoggio alla coalizione, perché continua
esplicitamente a supportare i terroristi (pur essendo paese membro della
NATO…), è infatti di alcuni giorni fa la notizia della fornitura di 49 carri
armati ad ISIS in cambio del personale turco del consolato di Mosul preso in
ostaggio…
Gruppi fondamentalisti e terroristi che il governo e il popolo siriano combattono dal
2011.
Le contraddizioni della politica statunitense
sono chiare e palesi, non si può muovere l’opinione pubblica mondiale ad una
guerra contro i terroristi di ISIS e pubblicizzare e armare un’inesistente
“fronte moderato” composto da altri gruppi legati ad Al-Qaeda.
Non si può sostenere un’escalation militare in
Siria, senza il consenso del governo legittimo siriano e con il supporto, vero
o presunto, di quei governi (turco, saudita, qatariota, giordano, ecc.) che
sono i principali finanziatori, sostenitori e sponsorizzatori del terrorismo
internazionale di matrice islamica.
Governi che supportano attivamente e militarmente
le orde dei tagliagole di ISIS, che li finanziano acquistando il petrolio che
questo fantomatico stato islamico ruba al popolo siriano e iracheno, nelle zone
sotto il proprio controllo e rivende nei mercati occidentali attraverso la
Turchia, che sponsorizzano tutte quelle formazioni che da più di tre anni
massacrano i civili siriani e, tra questi, i cristiani.
Il Fronte Europeo per la Siria darà vita nei prossimi giorni ad una mobilitazione
permanente
in tutte le città, in tutti quei paesi europei e non, in cui sono presenti i nostri
attivisti, per chiedere lo stop delle azioni militari unilaterali da parte
dell’ipocrita coalizione USA in Siria.
Per chiedere agli stati occidentali ed europei,
il ripristino delle relazioni e la riapertura delle sedi diplomatiche con la
Siria.
Per chiedere ai propri rispettivi governi di
intraprendere colloqui con il legittimo governo siriano del presidente Bashar
Al-Assad, per sostenerlo e supportarlo attivamente nella lotta al terrorismo,
così come già fanno paesi come l’Iran o la Russia.
Per chiedere di sanzionare tutti quei paesi che
finanziano e supportano i tagliagole.
STOP US-IS!
Roma, 25/09/2014
mercoledì 24 settembre 2014
La risposta del Parlamento Europeo è inaccettabile. Così si aiutano i terroristi
Guerra in Siria. Il Parlamento Europeo risponde ad Assadakah.
Centro Italo Arabo: parole irresponsabili, così si aiuta il terrorismo e
le bande criminali
Il Parlamento Europeo, attraverso la direzione Generale per la Politica Estera, ha risposto alla lettera del Centro Italo Arabo Assadakah sulla guerra in Siria. Una risposta che il segretario generale Raimondo Schiavone giudica “stupefacente, approssimativa e pericolosa” perché mette sullo stesso piano il governo legittimo siriano con i gruppi armati di matrice radicale, i terroristi e le bande criminali.
Una lettera omissiva che dimostra la volontà della massima Istituzione Europea di non voler la pace nel paese perseguendo una politica che ha permesso a organizzazioni come lo Stato Islamico di conquistare posizioni, di commettere atrocità nei confronti della popolazione civile (e in particolare della minoranza religiosa cristiana) e di proseguire nella destabilizzazione della regione.
La lettera, quando parla di cessazione delle ostilità in Siria e richiama le numerose violazioni dei diritti umani, invita espressamente i combattenti stranieri a ritirarsi dalla Siria.
“Stupisce – afferma Schiavone – che la nota del Parlamento Europeo faccia riferimento ad Hezbollah e non alle decine di migliaia di combattenti stranieri dello Stato Islamico, di Al Nusra (al Qaeda) e delle moltissime sigle radicali e salafite che si sono macchiate dei peggiori crimini in Siria. Hezbollah, come è noto, è intervenuta a difendere le popolazioni sciite in Siria, su espressa richiesta del governo legittimo, difendendo inoltre i confini con il Libano dai numerosi attacchi compiuti dai gruppi terroristi e impedendo che essi compissero scorribande nel paese dei cedri”.
“Hezbollah – continua il segretario generale di Assadakah – ha inoltre difeso le comunità cristiane e le minoranze etniche prese di mira dai gruppi jihadisti e dalle bande armate al soldo delle potenze straniere, come Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Kuwait. La risposta del Parlamento Europeo è gravemente omissiva e, come tale, va rispedita al mittente. Oggi siamo certi che l’Europa, impegnata a fornire aiuti e armi ai cosiddetti ribelli moderati, non vuole la pace in Siria ma solo la sua destabilizzazione per far cadere il presidente Bashar Al Assad. Questo disegno fallirà miseramente”.
Il Parlamento Europeo, attraverso la direzione Generale per la Politica Estera, ha risposto alla lettera del Centro Italo Arabo Assadakah sulla guerra in Siria. Una risposta che il segretario generale Raimondo Schiavone giudica “stupefacente, approssimativa e pericolosa” perché mette sullo stesso piano il governo legittimo siriano con i gruppi armati di matrice radicale, i terroristi e le bande criminali.
Una lettera omissiva che dimostra la volontà della massima Istituzione Europea di non voler la pace nel paese perseguendo una politica che ha permesso a organizzazioni come lo Stato Islamico di conquistare posizioni, di commettere atrocità nei confronti della popolazione civile (e in particolare della minoranza religiosa cristiana) e di proseguire nella destabilizzazione della regione.
La lettera, quando parla di cessazione delle ostilità in Siria e richiama le numerose violazioni dei diritti umani, invita espressamente i combattenti stranieri a ritirarsi dalla Siria.
“Stupisce – afferma Schiavone – che la nota del Parlamento Europeo faccia riferimento ad Hezbollah e non alle decine di migliaia di combattenti stranieri dello Stato Islamico, di Al Nusra (al Qaeda) e delle moltissime sigle radicali e salafite che si sono macchiate dei peggiori crimini in Siria. Hezbollah, come è noto, è intervenuta a difendere le popolazioni sciite in Siria, su espressa richiesta del governo legittimo, difendendo inoltre i confini con il Libano dai numerosi attacchi compiuti dai gruppi terroristi e impedendo che essi compissero scorribande nel paese dei cedri”.
“Hezbollah – continua il segretario generale di Assadakah – ha inoltre difeso le comunità cristiane e le minoranze etniche prese di mira dai gruppi jihadisti e dalle bande armate al soldo delle potenze straniere, come Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Kuwait. La risposta del Parlamento Europeo è gravemente omissiva e, come tale, va rispedita al mittente. Oggi siamo certi che l’Europa, impegnata a fornire aiuti e armi ai cosiddetti ribelli moderati, non vuole la pace in Siria ma solo la sua destabilizzazione per far cadere il presidente Bashar Al Assad. Questo disegno fallirà miseramente”.
lunedì 22 settembre 2014
OBAMA OTTIENE CONSENSO E FONDI DAL CONGRESSO USA
SE NON FOSSE DRAMMATICO, CI SAREBBE DA RIDERE: OBAMA OTTIENE CONSENSO E FONDI DAL CONGRESSO USA PER. ARMARE I 'TERRORISTI BUONI' DI FSA/AL NUSRA CONTRO I 'TERRORISTI CATTIVI' DI DAESH-ISIL...
...se la nazione riconosciuta come la piú 'autorevole' al mondo arriva per volontá del suo presidente, un 'Nobel per la Pace', a dichiarare e far digerire sfacciatamente certe scempiaggini senza provocare grosse reazioni generali...vuol dire che il mondo é arrivato alla frutta, .ma purtroppo dovremo ancora aspettarci l'amaro. E allora: sotto a chi tocca'...
venerdì 19 settembre 2014
L’Isil è sempre stato legato ad al-Qaeda. Solo non andava bene farlo sapere. Perché…
L’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante, Is, Isis, Daesh) è nato
grazie ai finanziamenti delle monarchie del Golfo, in particolare del
Qatar, grande alleato e investitore in Occidente, su interesse degli
Stati Uniti, i quali si proponevano così di indirizzare energie forti
nella lotta contro Bashar al-Assad in Siria senza compromettere se
stessi.
La cosa essenziale era presentare mediaticamente l’Isil come un movimento spontaneo, nato dal nulla in Siria, una forza capace con chissà quali mezzi di richiamare decine di migliaia di giovani dal Nordafrica, dal Medio Oriente e dal Caucaso e persino dall’Occidente, di nutrirli, addestrarli e armarli, energie fresche e gratuite per l’unica “Primavera Araba” che mancava all’appello, quella siriana, dove il regime era (ed è) legato a doppio filo con la Russia di Vladimir Putin.
Di certo non era possibile far risultare mediaticamente l’ossatura di base dell’Isil (cioè quel minimo con cui Usa e Qatar hanno interloquito) quale parte integrante di al-Qaeda, il gruppo terrorista legato ad Ayman al-Zawahiri. Lo stesso erede di Bin Laden è intervenuto con un messaggio indirizzato alla Bbc l’8 novembre 2013 per prendere le distanze sia dall’Isil che da un altro maxi-gruppo impegnato nella jihad in Siria, Jabat al-Nusra.
All’inizio entrambe le formazioni dovevano combattere in modo unitario con l’Esercito libero siriano (gli insorti) contro le truppe lealiste, ma verso la fine del 2013 i forti dissidi sulle strategie, sulla spartizione dei mezzi e soprattutto la prospettiva di allargare il conflitto in Iraq ha spinto l’Isil a mettersi contro tutti, ovvero a rivolgersi contro l’Esercito libero siriano, contro i curdi del nord e soprattutto contro i miliziani di Jabat al-Nusra.
Un pasticcio che ha spinto al-Zawahiri a diffondere un messaggio pubblico per prendere le distanze da entrambi, disponendo addirittura lo scioglimento dell’Isil.
Il messaggio successivo del leader di al-Qaeda è del 5 febbraio, quando con una dichiarazione riportata sul sito della Bbc ha confermato che l’Isil “non è una branca di al-Qaeda, la quale non è responsabile delle sue azioni”.
Tuttavia, vien da chiedersi, se l’Isil “non è una branca di al-Qaeda”, come può al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, disporne lo scioglimento?
Il 20 aprile 2014 è comparso un nuovo messaggio di al-Zawahiri con il quale ha respinto l’accusa mossa dall’Isil di aver tradito la causa jihadista, sostenendo che il regime di Damasco si sarebbe infiltrato tra i combattenti per alimentare le divisioni.
Ha poi aggiunto che “Se vi ordino di combattere i vostri fratelli mujaheddin non mi obbedite, se vi comando di farvi saltare in aria in mezzo ai vostri fratelli mujaheddin non mi obbedite”.
Infine ha ribadito che “Il nostro metodo consiste nel concentrarsi su America, i suoi alleati crociati, i sionisti e i loro agenti traditori e di incitare l’Ummah (comunità musulmana) a unirsi alla jihad contro di loro, mettendo da parte le divergenze. Dobbiamo evitare operazioni che potrebbero versare il sangue della parte sbagliata”.
Anche qui: come può al-Zawahiri “ordinare”, se l’Isil non è un gruppo che, alla fine, fa capo a lui?
In maggio il leader di al-Qaeda ha comandato nuovamente ad Abu Mohammed al-Joulani, capo di al-Nusra, di cessare gli attacchi contro i guerriglieri dello Stato Islamico, ma quel momento coincide anche con la graduale conquista della scena mediatica da parte dell’Isil, per via dell’avanzata in Iraq, per le barbare esecuzioni e per le atrocità commesse sulle minoranze etniche e religiose.
In realtà tale ritardo non è giustificato, dal momento che l’Isil opera in Iraq da molto tempo e Fallujah, una delle principali città del paese, è caduta nelle mani degli jihadisti già in gennaio. Non solo: la visione dell’Isil e di al-Qaeda come di due realtà nette e separate è fuorviante e certamente voluta, basti pensare che il leader dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, è un individuo ascrivibile proprio ad al-Qaeda.
Non rappresenta quindi una novità il fatto che oggi due branche di al-Qaeda, quella magrebina dell’Aqmi e quella yemenita dell’Aqpa, abbiano esortano i loro “fratelli mujaheddin in Iraq e nel Levante a unirsi contro la campagna dell’America e della sua coalizione diabolica”.
I vari gruppi, in realtà, sono da sempre legati fra loro e solo oggi, quando è sotto gli occhi di tutti il fatto che a Usa e Qatar la situazione è sfuggita di mano, si cerca mediaticamente di dimostrare che l’adesione dell’Isil ad al-Qaeda sia in fase di realizzazione.
Le voci diverse delle varie frange di al-Qaeda potrebbero dimostrare attriti e fratture interne, o peggio l’incapacità di Ayman al-Zawahiri nel gestire la galassia dei gruppi di jihadisti, ma in realtà non è così: astutamente e volutamente è stata fatta vedere al mondo una separazione netta fra al-Qaeda e l’Isil, cosa che di fatto non c’è mai stata, in quanto sarebbe stato impossibile far passare davanti all’opinione pubblica occidentale l’idea che al-Qaeda va combattuta in Afghanistan, ma che va benedetta in Siria. I nodi, però, tornano sempre al pettine.
La cosa essenziale era presentare mediaticamente l’Isil come un movimento spontaneo, nato dal nulla in Siria, una forza capace con chissà quali mezzi di richiamare decine di migliaia di giovani dal Nordafrica, dal Medio Oriente e dal Caucaso e persino dall’Occidente, di nutrirli, addestrarli e armarli, energie fresche e gratuite per l’unica “Primavera Araba” che mancava all’appello, quella siriana, dove il regime era (ed è) legato a doppio filo con la Russia di Vladimir Putin.
Di certo non era possibile far risultare mediaticamente l’ossatura di base dell’Isil (cioè quel minimo con cui Usa e Qatar hanno interloquito) quale parte integrante di al-Qaeda, il gruppo terrorista legato ad Ayman al-Zawahiri. Lo stesso erede di Bin Laden è intervenuto con un messaggio indirizzato alla Bbc l’8 novembre 2013 per prendere le distanze sia dall’Isil che da un altro maxi-gruppo impegnato nella jihad in Siria, Jabat al-Nusra.
All’inizio entrambe le formazioni dovevano combattere in modo unitario con l’Esercito libero siriano (gli insorti) contro le truppe lealiste, ma verso la fine del 2013 i forti dissidi sulle strategie, sulla spartizione dei mezzi e soprattutto la prospettiva di allargare il conflitto in Iraq ha spinto l’Isil a mettersi contro tutti, ovvero a rivolgersi contro l’Esercito libero siriano, contro i curdi del nord e soprattutto contro i miliziani di Jabat al-Nusra.
Un pasticcio che ha spinto al-Zawahiri a diffondere un messaggio pubblico per prendere le distanze da entrambi, disponendo addirittura lo scioglimento dell’Isil.
Il messaggio successivo del leader di al-Qaeda è del 5 febbraio, quando con una dichiarazione riportata sul sito della Bbc ha confermato che l’Isil “non è una branca di al-Qaeda, la quale non è responsabile delle sue azioni”.
Tuttavia, vien da chiedersi, se l’Isil “non è una branca di al-Qaeda”, come può al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, disporne lo scioglimento?
Il 20 aprile 2014 è comparso un nuovo messaggio di al-Zawahiri con il quale ha respinto l’accusa mossa dall’Isil di aver tradito la causa jihadista, sostenendo che il regime di Damasco si sarebbe infiltrato tra i combattenti per alimentare le divisioni.
Ha poi aggiunto che “Se vi ordino di combattere i vostri fratelli mujaheddin non mi obbedite, se vi comando di farvi saltare in aria in mezzo ai vostri fratelli mujaheddin non mi obbedite”.
Infine ha ribadito che “Il nostro metodo consiste nel concentrarsi su America, i suoi alleati crociati, i sionisti e i loro agenti traditori e di incitare l’Ummah (comunità musulmana) a unirsi alla jihad contro di loro, mettendo da parte le divergenze. Dobbiamo evitare operazioni che potrebbero versare il sangue della parte sbagliata”.
Anche qui: come può al-Zawahiri “ordinare”, se l’Isil non è un gruppo che, alla fine, fa capo a lui?
In maggio il leader di al-Qaeda ha comandato nuovamente ad Abu Mohammed al-Joulani, capo di al-Nusra, di cessare gli attacchi contro i guerriglieri dello Stato Islamico, ma quel momento coincide anche con la graduale conquista della scena mediatica da parte dell’Isil, per via dell’avanzata in Iraq, per le barbare esecuzioni e per le atrocità commesse sulle minoranze etniche e religiose.
In realtà tale ritardo non è giustificato, dal momento che l’Isil opera in Iraq da molto tempo e Fallujah, una delle principali città del paese, è caduta nelle mani degli jihadisti già in gennaio. Non solo: la visione dell’Isil e di al-Qaeda come di due realtà nette e separate è fuorviante e certamente voluta, basti pensare che il leader dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, è un individuo ascrivibile proprio ad al-Qaeda.
Non rappresenta quindi una novità il fatto che oggi due branche di al-Qaeda, quella magrebina dell’Aqmi e quella yemenita dell’Aqpa, abbiano esortano i loro “fratelli mujaheddin in Iraq e nel Levante a unirsi contro la campagna dell’America e della sua coalizione diabolica”.
I vari gruppi, in realtà, sono da sempre legati fra loro e solo oggi, quando è sotto gli occhi di tutti il fatto che a Usa e Qatar la situazione è sfuggita di mano, si cerca mediaticamente di dimostrare che l’adesione dell’Isil ad al-Qaeda sia in fase di realizzazione.
Le voci diverse delle varie frange di al-Qaeda potrebbero dimostrare attriti e fratture interne, o peggio l’incapacità di Ayman al-Zawahiri nel gestire la galassia dei gruppi di jihadisti, ma in realtà non è così: astutamente e volutamente è stata fatta vedere al mondo una separazione netta fra al-Qaeda e l’Isil, cosa che di fatto non c’è mai stata, in quanto sarebbe stato impossibile far passare davanti all’opinione pubblica occidentale l’idea che al-Qaeda va combattuta in Afghanistan, ma che va benedetta in Siria. I nodi, però, tornano sempre al pettine.
mercoledì 17 settembre 2014
Siria. I ribelli sostenuti da Obama firmano un accordo con i terroristi dell’ISIS
I ribelli del Fronte Siriano della Rivoluzione, sostenuti dagli Stati Uniti che li considera moderati, hanno firmato il cessate il fuoco con i combattenti dello Stati Islamico nel governatorato di Damasco. Secondo l’accordo, i due gruppi armati non si combatteranno nella città di Hajar Al-Aswad, un sobborgo densamente popolato appena a sud di Damasco. L’accordo fa riferimento al loro interesse reciproco a “usurpare il Governo Nusayri” (Nusayri è un termine dispregiativa usato per insultare i musulmani alawiti) a Damasco.
Altri gruppi ribelli coinvolti nel cessate il fuoco con l’ISIS sono Liwaa ” Ahrar Turkman Al-Golan, Liwaa ‘Hittin, e Liwaa’ Al-‘Ummah Al-Waheeda. Questi gruppi operano principalmente nelle zone di Damasco, Al-Quneitra e Dara’a. Recentemente, i militanti dello Stato Islamico sono apparsi anche nel campo profughi palestinese di Yarmouk, a due passi dalla capitale, e nel villaggio di Babeela a sud di Damasco.
Come sottolinea il giornale Almasdar News, la maggior parte dei gruppi ribelli nella zona di Damasco hanno accuratamente evitato il confronto con lo Stato Islamico, mentre il solo gruppo ribelle Jaysh al-Islam ha combattuto i jihadisti nella Ghouta orientale.
L’accordo, evidenzia il giornale arabo, è stato firmato due giorni dopo le dichiarazioni del presidente americano Barack Obama sulla presenza dei jihadisti dello Stato Islamico nella regione. Si ritiene, infatti, che i miliziani dell’IS siano entrati in Siria attraverso il confine libanese, dove hanno una presenza significativa nel distretti di Arsal, dove da mesi infuriano i combattimenti con l’esercito libanese.
lunedì 15 settembre 2014
ONU Rivela Stretti Legami Tra Israele e le Organizzazioni Terroristiche in Siria
New York, SANA – Le Nazioni Unite ha sottolineato che ci sono forti
legami e contatti tra le organizzazioni terroristiche in Siria e
l’entità sionista.
Le osservazioni delle Nazioni Unite sono avvenute nella relazione del suo Segretario generale sulle Forze di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF) nel periodo dal 29 maggio al 3 Settembre 2014.
Il rapporto ha detto che i membri della cosiddetta “opposizione armata” hanno trasportato 47 dei suoi membri feriti attraverso “la linea di cessate il fuoco” al “esercito israeliano”, che a sua volta ha consegnato 43 dei feriti che erano stati trattati presso gli ospedali israeliani alle organizzazioni terroristiche dell’opposizione armata.
La relazione ha parlato dell’attacco delle organizzazioni terroristiche, tra cui Jabhat al-Nusra, contro le posizioni del personale UNDOF, su come hanno sequestrato un certo numero di loro veicoli e attrezzature e su come hanno usato l’uniforme delle Nazioni Unite.
La relazione ha aggiunto che il Comandante UNDOF era in costante e regolare contatto con l’esercito arabo siriano nella zona il quale ha fornito loro tutte le tipologie di sostegno per garantire l’evacuazione del personale UNDOF.
Il rapporto afferma ciò che la Siria ha sempre accennato circa gli stretti rapporti tra le organizzazioni terroristiche e le autorità dell’occupazione israeliane che mostra quanto l’occupazione israeliana coinvolta nella congiura ordita contro la Siria.
La collaborazione tra l’organizzazione terroristica di Jabhat al-Nusra, elencata dalle Nazioni Unite sulla lista delle organizzazioni terroristiche, e le autorità di occupazione israeliane dimostra che Israele sostiene un’organizzazione terroristica che richiede una risposta decisiva da parte della comunità internazionale.
Le osservazioni delle Nazioni Unite sono avvenute nella relazione del suo Segretario generale sulle Forze di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF) nel periodo dal 29 maggio al 3 Settembre 2014.
Il rapporto ha detto che i membri della cosiddetta “opposizione armata” hanno trasportato 47 dei suoi membri feriti attraverso “la linea di cessate il fuoco” al “esercito israeliano”, che a sua volta ha consegnato 43 dei feriti che erano stati trattati presso gli ospedali israeliani alle organizzazioni terroristiche dell’opposizione armata.
La relazione ha parlato dell’attacco delle organizzazioni terroristiche, tra cui Jabhat al-Nusra, contro le posizioni del personale UNDOF, su come hanno sequestrato un certo numero di loro veicoli e attrezzature e su come hanno usato l’uniforme delle Nazioni Unite.
La relazione ha aggiunto che il Comandante UNDOF era in costante e regolare contatto con l’esercito arabo siriano nella zona il quale ha fornito loro tutte le tipologie di sostegno per garantire l’evacuazione del personale UNDOF.
Il rapporto afferma ciò che la Siria ha sempre accennato circa gli stretti rapporti tra le organizzazioni terroristiche e le autorità dell’occupazione israeliane che mostra quanto l’occupazione israeliana coinvolta nella congiura ordita contro la Siria.
La collaborazione tra l’organizzazione terroristica di Jabhat al-Nusra, elencata dalle Nazioni Unite sulla lista delle organizzazioni terroristiche, e le autorità di occupazione israeliane dimostra che Israele sostiene un’organizzazione terroristica che richiede una risposta decisiva da parte della comunità internazionale.
sabato 13 settembre 2014
Strategia Obama: il pretesto della guerra all’ISIS per mettere le mani sulla Siria
I terroristi dello Stato Islamico saranno annientati con raid aerei
in Iraq e Siria. Saranno gli Stati Uniti a guidare un’ampia coalizione
internazionale incaricata di colpire il pericoloso gruppo jihadista
diventato il principale obiettivo della Casa Bianca. Un’azione militare
che non vedrà la partecipazione dell’Italia, almeno per ora. ”L’America –
ha osservato il ministro della difesa Roberta Pinotti – ha deciso di
fare raid aerei in Iraq, noi non abbiamo fatto questa scelta. Abbiamo
invece deciso di inviare armi ai Curdi. L’Italia farà riferimento alla
propria Costituzione e a modalità operative che portino a una soluzione
del problema”.
E’ stato il presidente Barack Obama a spiegare la strategia contro lo Stato islamico. Quattro i punti: Raid aerei “come quelli fatti per anni in Yemen e in Somalia”, la formazione dei militari dei Paesi minacciati dai terroristi, il lavoro di intelligence e infine gli aiuti umanitari. I raid, in particolare, avranno l’obiettivo di sostenere l’azione delle truppe che combattono contro gli jihadisti sul campo: iracheni, curdi e i gruppi di ribelli siriani considerati più moderati che riceveranno aiuti militari. Poche ore prima del suo discorso, Obama aveva autorizzato 25 milioni di dollari in aiuti militari al nuovo governo iracheno e al governo regionale dei curdi in Iraq.
Soprattutto il sostegno ai gruppi moderati siriani rischia di creare non pochi problemi al presidente degli Stati Uniti. La Russia difficilmente può accettare che la guerra al terrorismo si trasformi in un pretesto per alimentare ulteriormente il conflitto siriano, per di più fornendo armi a gruppi che soltanto Obama considera “moderati”.
C’è poi un problema di sovranità nazionale: gli aerei americani potranno sorvolare i cieli siriani senza l’autorizzazione e il supporto delle autorità di quel paese e dei suoi alleati? Dalle parole di Obama sembra proprio di si. Non è dello stesso avviso il governo di Damasco, molto preoccupato per la piega che l’azione militare potrebbe prendere in futuro. A quel punto, anche Russia e Iran potranno decidere, questa volta con l’accordo di Assad, di mettere i piedi in Siria per combattere la vasta galassia del terrorismo di matrice jihadista e salafita: non solo l’ISIS ma anche quei gruppi armati (al Nusra e molte brigate del Fronte Islamico) che opprimono la popolazione e perseguitano le minoranze religiose nel paese. Insomma, la presa di posizione di Obama sarebbe un formidabile assist per Putin e gli alleati di Assad.
Non rassicura la Siria neppure il ruolo di Israele, che sta fornendo agli USA mappe su possibili obiettivi strategici che i raid aerei dovranno colpire, I droni di Tel Aviv volteggiano sui cieli siriani da tempo: si tratta di una colossale operazione di spionaggio militare che oltre i gruppi jihadisti punta a colpire il governo di Damasco.
Il presidente americano non ha perso occasione per lanciare un messaggio ad Assad, che pure si era reso disponibile a partecipare a una missione internazionale contro lo Stato Islamico, dicendo che non chiederà il suo sostegno: “Non ci possiamo fidare del regime, un regime che terrorizza il suo popolo”.
Parole che certamente non aiutano un’azione militare che vede coinvolti anche paesi – come l’Arabia Saudita, il Qatar e il Kuwait – che hanno molte responsabilità nell’affermazione del terrorismo in Siria e Iraq. Il governo di Damasco, che più di tutti ha pagato il prezzo del terrorismo e del fondamentalismo islamico, per lungo tempo lasciato solo a combattere contro i gruppi jihadisti nel paese, può contare sul pieno sostegno di Russia e Iran.
Gli osservatori sono sicuri che Mosca e Teheran non consentiranno agli Stati Uniti di aggravare la situazione di un paese martoriato da una guerra che ha causato centinaia di migliaia di morti e feriti nonché milioni di profughi. E infatti subito dopo l’annuncio di Obama, è arrivata la presa di posizione del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che ha chiesto all’Occidente di non utilizzare l’ISIS come pretesto per attaccare le forze del governo siriano. Mosca ha inoltre sollecitato gli Stati Uniti e i suoi alleati “a rispettare il diritto internazionale e a intraprendere un’azione militare solo con l’approvazione del legittimo governo siriano”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Iran che ha osservato, attraverso il ministro degli Esteri, come alcuni paesi della coalizione internazionale chiamata a combattere l’ISIS siano gli stessi che lo sostengono. La Siria, subito dopo, ha tuonato contro l’Occidente e gli Stati Uniti. Il ministro siriano della Riconciliazione nazionale, Ali Haidar, ha avvertito che “ogni azione, di qualsiasi tipo, senza il consenso del governo siriano, sarebbe un attacco alla Siria.”
Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero anche se gli Stati Uniti invieranno a Baghdad altri 475 soldati che, insieme ai consiglieri militari già inviati nelle scorse settimane, faranno salire la presenza armata degli Usa in Iraq a circa 1.600 unità. Il loro compito non è quello di partecipare a missioni di combattimento, ha ribadito il Pentagono, ma quello di difendere il personale Usa e di supportare, non sul campo, le forze irachene.
Una cosa è certa: l’azione militare contro lo Stato Islamico non sarà una passeggiata. Come lo stesso presidente ha ammesso nelle scorse settimane ci vorrà tempo, forse anni, per distruggere completamente i terroristi. Una posizione condivisa da molti analisti, che hanno indicato il termine di dieci anni il tempo necessario per annientare una volta per tutte lo Stato Islamico.
E’ stato il presidente Barack Obama a spiegare la strategia contro lo Stato islamico. Quattro i punti: Raid aerei “come quelli fatti per anni in Yemen e in Somalia”, la formazione dei militari dei Paesi minacciati dai terroristi, il lavoro di intelligence e infine gli aiuti umanitari. I raid, in particolare, avranno l’obiettivo di sostenere l’azione delle truppe che combattono contro gli jihadisti sul campo: iracheni, curdi e i gruppi di ribelli siriani considerati più moderati che riceveranno aiuti militari. Poche ore prima del suo discorso, Obama aveva autorizzato 25 milioni di dollari in aiuti militari al nuovo governo iracheno e al governo regionale dei curdi in Iraq.
Soprattutto il sostegno ai gruppi moderati siriani rischia di creare non pochi problemi al presidente degli Stati Uniti. La Russia difficilmente può accettare che la guerra al terrorismo si trasformi in un pretesto per alimentare ulteriormente il conflitto siriano, per di più fornendo armi a gruppi che soltanto Obama considera “moderati”.
C’è poi un problema di sovranità nazionale: gli aerei americani potranno sorvolare i cieli siriani senza l’autorizzazione e il supporto delle autorità di quel paese e dei suoi alleati? Dalle parole di Obama sembra proprio di si. Non è dello stesso avviso il governo di Damasco, molto preoccupato per la piega che l’azione militare potrebbe prendere in futuro. A quel punto, anche Russia e Iran potranno decidere, questa volta con l’accordo di Assad, di mettere i piedi in Siria per combattere la vasta galassia del terrorismo di matrice jihadista e salafita: non solo l’ISIS ma anche quei gruppi armati (al Nusra e molte brigate del Fronte Islamico) che opprimono la popolazione e perseguitano le minoranze religiose nel paese. Insomma, la presa di posizione di Obama sarebbe un formidabile assist per Putin e gli alleati di Assad.
Non rassicura la Siria neppure il ruolo di Israele, che sta fornendo agli USA mappe su possibili obiettivi strategici che i raid aerei dovranno colpire, I droni di Tel Aviv volteggiano sui cieli siriani da tempo: si tratta di una colossale operazione di spionaggio militare che oltre i gruppi jihadisti punta a colpire il governo di Damasco.
Il presidente americano non ha perso occasione per lanciare un messaggio ad Assad, che pure si era reso disponibile a partecipare a una missione internazionale contro lo Stato Islamico, dicendo che non chiederà il suo sostegno: “Non ci possiamo fidare del regime, un regime che terrorizza il suo popolo”.
Parole che certamente non aiutano un’azione militare che vede coinvolti anche paesi – come l’Arabia Saudita, il Qatar e il Kuwait – che hanno molte responsabilità nell’affermazione del terrorismo in Siria e Iraq. Il governo di Damasco, che più di tutti ha pagato il prezzo del terrorismo e del fondamentalismo islamico, per lungo tempo lasciato solo a combattere contro i gruppi jihadisti nel paese, può contare sul pieno sostegno di Russia e Iran.
Gli osservatori sono sicuri che Mosca e Teheran non consentiranno agli Stati Uniti di aggravare la situazione di un paese martoriato da una guerra che ha causato centinaia di migliaia di morti e feriti nonché milioni di profughi. E infatti subito dopo l’annuncio di Obama, è arrivata la presa di posizione del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che ha chiesto all’Occidente di non utilizzare l’ISIS come pretesto per attaccare le forze del governo siriano. Mosca ha inoltre sollecitato gli Stati Uniti e i suoi alleati “a rispettare il diritto internazionale e a intraprendere un’azione militare solo con l’approvazione del legittimo governo siriano”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Iran che ha osservato, attraverso il ministro degli Esteri, come alcuni paesi della coalizione internazionale chiamata a combattere l’ISIS siano gli stessi che lo sostengono. La Siria, subito dopo, ha tuonato contro l’Occidente e gli Stati Uniti. Il ministro siriano della Riconciliazione nazionale, Ali Haidar, ha avvertito che “ogni azione, di qualsiasi tipo, senza il consenso del governo siriano, sarebbe un attacco alla Siria.”
Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero anche se gli Stati Uniti invieranno a Baghdad altri 475 soldati che, insieme ai consiglieri militari già inviati nelle scorse settimane, faranno salire la presenza armata degli Usa in Iraq a circa 1.600 unità. Il loro compito non è quello di partecipare a missioni di combattimento, ha ribadito il Pentagono, ma quello di difendere il personale Usa e di supportare, non sul campo, le forze irachene.
Una cosa è certa: l’azione militare contro lo Stato Islamico non sarà una passeggiata. Come lo stesso presidente ha ammesso nelle scorse settimane ci vorrà tempo, forse anni, per distruggere completamente i terroristi. Una posizione condivisa da molti analisti, che hanno indicato il termine di dieci anni il tempo necessario per annientare una volta per tutte lo Stato Islamico.
giovedì 11 settembre 2014
Al-Muallem a De Mistura: Il popolo ha già scelto la sua leadership, la priorità ora è la lotta al terrorismo.
Vice Primo Ministro, Ministro degli Esteri e degli Espatriati Walid al-Moallem ha ricevuto oggi Staffan de Mistura, l'inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in Siria e la delegazione che lo accompagna.
Il tema dell'incontro è incentrato sulla priorità della lotta al terrorismo rappresentato da ISIS, il fronte al-Nusra e altri organizzazioni terroristiche ad essi affiliate, e sulla necessità di asciugare le risorse finanziarie e mettere pressione sui paesi che lo sostengono per fermare il finanziamento, l'addestramento e l'invio di terroristi in concordanza con ciò che è avvenuto nella risoluzione del Consiglio di sicurezza n° 2170 e la necessità che il Segretario generale delle Nazioni Unite lavorerebbe per l'attuazione della presente risoluzione e di muoversi verso una soluzione politica.
E 'stata anche discussa l'importanza della riconciliazione nazionale e
la creazione di climi locali per spingere il dialogo appropriato tra i
siriani al fine di porre fine alla crisi e ripristinare la sicurezza e
la stabilità.
Al-Muallem ha dichiarato che la priorità ora è per la lotta contro il terrorismo, perché è diventata una priorità per la comunità internazionale, senza la quale non può esserci alcun successo del programma di ricostruzione nazionale, egli ha detto che solo la volontà del popolo può determinati suo destino e il suo futuro, e il popolo ha già scelto la sua leadership e il suo sistema politico, e alla comunità internazionale rispettare questa sceltà.
Da parte sua De Mistura ha detto che in questa fase ha la volontà e il desiderio per conto delle Nazioni Unite a fare qualsiasi cosa che possa porre fine alle sofferenze in Siria attraverso la lotta contro il terrorismo e per promuovere la riconciliazione e quindi far spazio a una soluzione politica, perché è il modo più sicuro per risolvere questa crisi.
Alla riunione hanno partecipato dal Dr. Faisal al-Miqdad e il Vice Ministro degli Esteri e degli Espatriati Ahmad Arnous Consigliere del Ministro degli Affari Esteri.
De Mistura era arrivato a Damasco ieri, accompagnato dal suo assistente il diplomatico egiziano Azzedine Ramsey Ramsey nella sua prima visita in quanto da quanto è stato incaricato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a seguito delle dimissioni del ex inviato Lakhdar Brahimi.
Al-Muallem ha dichiarato che la priorità ora è per la lotta contro il terrorismo, perché è diventata una priorità per la comunità internazionale, senza la quale non può esserci alcun successo del programma di ricostruzione nazionale, egli ha detto che solo la volontà del popolo può determinati suo destino e il suo futuro, e il popolo ha già scelto la sua leadership e il suo sistema politico, e alla comunità internazionale rispettare questa sceltà.
Da parte sua De Mistura ha detto che in questa fase ha la volontà e il desiderio per conto delle Nazioni Unite a fare qualsiasi cosa che possa porre fine alle sofferenze in Siria attraverso la lotta contro il terrorismo e per promuovere la riconciliazione e quindi far spazio a una soluzione politica, perché è il modo più sicuro per risolvere questa crisi.
Alla riunione hanno partecipato dal Dr. Faisal al-Miqdad e il Vice Ministro degli Esteri e degli Espatriati Ahmad Arnous Consigliere del Ministro degli Affari Esteri.
De Mistura era arrivato a Damasco ieri, accompagnato dal suo assistente il diplomatico egiziano Azzedine Ramsey Ramsey nella sua prima visita in quanto da quanto è stato incaricato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a seguito delle dimissioni del ex inviato Lakhdar Brahimi.
martedì 9 settembre 2014
Missione solidale Siria 2014
ULTIME DONAZIONI PER LA SIRIA: Solidarité identités annuncia la chiusura delle sottoscrizioni.
“Due ambulanze, due defibrillatori, materiali per la deambulazione degli infermi ed oltre un quintale di materiale medico, tra farmaci e occorrente per le medicazioni: tutto questo - grazie al sostegno dei nostri donatori e della Comunità siriana in Italia - verrà prossimamente recapitato al Popolo siriano” - annuncia Solidarité identités.
In vista dell'imminente conclusione della raccolta fondi per la Siria, inaugurata simultaneamente in tutta Europa all'inizio di quest'anno, Solidarité identités ricorda a tutti quanti che è ancora possibile effettuare le ultime donazioni alle seguenti coordinate:
IBAN: IT-68-X -07601-03200-001016097071 Ass.Vol.Sol.Id
oppure PayPal account volunteers.sol.Id@gmail.com
“Due ambulanze, due defibrillatori, materiali per la deambulazione degli infermi ed oltre un quintale di materiale medico, tra farmaci e occorrente per le medicazioni: tutto questo - grazie al sostegno dei nostri donatori e della Comunità siriana in Italia - verrà prossimamente recapitato al Popolo siriano” - annuncia Solidarité identités.
In vista dell'imminente conclusione della raccolta fondi per la Siria, inaugurata simultaneamente in tutta Europa all'inizio di quest'anno, Solidarité identités ricorda a tutti quanti che è ancora possibile effettuare le ultime donazioni alle seguenti coordinate:
IBAN: IT-68-X -07601-03200-001016097071 Ass.Vol.Sol.Id
oppure PayPal account volunteers.sol.Id@gmail.com
domenica 7 settembre 2014
Sui muri di Roma, Scritte in sostegno all'organizzazione terroristica "Stato islamico in Iraq e Siria ISIS "
(AKI) agenzia di stampa italiana: Roma -5 settembre: Fonti della sicurezza italiana ha detto che aveva notato sulle pareti di un tunnel nel quartiere Casilina In uno dei sottopasso di via Casilina a due passi dallo svincolo con via Torrenova (a sud est di Roma) delle scritte a favore dell'organizzazione (Stato islamico), e a pochi metri un disegno della loro bandiera che è diventato un simbolo del terrorismo.
Le fonti hanno aggiunto che le scritte apparse nel quartiere in questione, che hanno coperto le pareti nelle ultime settimane, slogan delirio in lingua araba," e che "le indagini attualmente in corso per risalire ai responsabili per la scrittura".
giovedì 4 settembre 2014
Presidente Al-Assad riceve Qassimi: rafforzeremo ulteriormente la cooperazione economica tra Siria - Iran
Damasco / presidente Bashar al-Assad ha ricevuto oggi il signor Rostom Qassimi, Capo del Comitato siriano-iraniano per lo sviluppo delle relazioni economiche, e la delegazione che lo accompagna.
Il tema dell'incontro è incentrato sulla cooperazione economica tra la Siria e l'Iran e il modo di rafforzarla in tutti i settori nello scopo di servire gli interessi dei popoli dei due paesi.
Mr. Qassimi ha lodato la fermezza della Siria e i sacrifici del popolo e dell'esercito nell'affrontare guerra che minaccia e l'apprezzamento dei suoi sacrifici di campagna del popolo siriano al terrorismo senza sacrificare il proprio ruolo pionieristico sull'asse della resistenza.
Egli ha affermato che la leadership iraniana si impegna a lavorare con la Siria per rafforzare la sua fermezza, e che l'Iran è pronto ad offrire la propria esperienza e tutto ciò che è necessario per aiutare la Siria nella questione della ricostruzione.
Da parte sua, il presidente al-Assad ha ribadito l'impegno della Siria a rafforzare la cooperazione economica e il coordinamento con l'Iran in modo da raggiungere il livello delle relazioni politiche e storiche tra i due stati.
Il presidente al-Assad ha affermato che il popolo siriano accoglie con favore la disponibilità dell'Iran e gli altri paesi amici, che vogliono aiutare la Siria nella ricostruzione, esprimendo la grande stima che il popolo siriano conserva per l'Iran il suo sostegno alla Siria di fronte al complotto a cui la regione e gli interessi reciproci sono esposti.
martedì 2 settembre 2014
La Siria condanna fermamente la politica europea di disinformazione e ipocrisia nei confronti della Siria
Damasco / Fonte responsabile del ministero
degli Esteri ha condannato con forza la determinazione dell'UE di
proseguire con la sua politica di
disinformazione e ipocrisia verso la Siria e la crescente minaccia del
terrorismo takfirista sulla stabilità regionale, la pace e sulla
sicurezza internazionale.
In una dichiarazione a SANA, la fonte ha detto: La continuazione in questa linea, la fornitura di armi e l'acquisto di petrolio siriano rubato dai terroristi, legalizzato dalla UE nel 2013 per finanziare gli atti terroristici sono le cause principali dietro il continuo spargimento di sangue del popolo siriano e la diffusione del terrorismo nella regione.
"La Siria ha chiaramente ed inequivocabilmente annunciato la sua volontà di collaborare con tutti gli sforzi regionali ed internazionali che vogliono seriamente combattere il terrorismo nel quadro della risoluzione del Consiglio di Sicurezza" 2170 "e il rispetto della sovranità nazionale", e che ciò che è richiesto dagli altri - compresa l'UE - è quello di dimostrare che sono seri nel combattere il flagello del terrorismo in modo globale, perché nessuno sarà al sicuro dal terrorismo.
La fonte ha esortato infine l'Unione europea ad adottare politiche degne dei suoi cittadini che non contraddicono con i suoi valori, e di non seguire le politiche di alcuni stati che la trasformano in un semplice seguace alla fine di trovarsi a dover pagare i conti delle loro politiche errate.
In una dichiarazione a SANA, la fonte ha detto: La continuazione in questa linea, la fornitura di armi e l'acquisto di petrolio siriano rubato dai terroristi, legalizzato dalla UE nel 2013 per finanziare gli atti terroristici sono le cause principali dietro il continuo spargimento di sangue del popolo siriano e la diffusione del terrorismo nella regione.
"La Siria ha chiaramente ed inequivocabilmente annunciato la sua volontà di collaborare con tutti gli sforzi regionali ed internazionali che vogliono seriamente combattere il terrorismo nel quadro della risoluzione del Consiglio di Sicurezza" 2170 "e il rispetto della sovranità nazionale", e che ciò che è richiesto dagli altri - compresa l'UE - è quello di dimostrare che sono seri nel combattere il flagello del terrorismo in modo globale, perché nessuno sarà al sicuro dal terrorismo.
La fonte ha esortato infine l'Unione europea ad adottare politiche degne dei suoi cittadini che non contraddicono con i suoi valori, e di non seguire le politiche di alcuni stati che la trasformano in un semplice seguace alla fine di trovarsi a dover pagare i conti delle loro politiche errate.
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