Il primo, in ordine d’intervento, è stato il dott. Jamal Abo Abbas, Presidente della Comunità siriana in Italia. La presenza di migranti siriani nella Penisola, come ricorda il dott. Abo Abbas, è antichissima e si è sempre rivelata pacifica e collaborativa. Tuttavia la percezione che gli italiani hanno della Siria è radicalmente mutata da quando sono stati posti in essere i primi tentativi di destabilizzazione da parte delle cellule fondamentaliste “sovvenzionate dagli Usa e da tutti gli altri Paesi che vogliono mettere le mani sulla nostra Terra”. Questi finanziamenti, inizialmente destinati alla parte più radicale dei “fantomatici ribelli”, oggi sostengono cellule più moderate “per distrarre un’opinione pubblica che a distanza di tre anni forse sta capendo dov’è la verità”.
In seguito ha preso parola Marco Hosseyn Morelli, portavoce dell’Ass. Imam Mahdi. La premessa di Morelli è di carattere terminologico, “troppo spesso i media fanno un uso improprio di termini come ‘jihad’ ed ‘islam’, accostandoli a movimenti che con queste due parole sacre non hanno nulla a che vedere. Sarebbe quindi più corretto parlare di wahabiti e di takfiriti, movimenti fondamentalisti che combattono in Siria uccidendo e massacrando senza rispetto dei principi cardine dell’etica del combattente musulmano la popolazione civile”. “Il problema del fanatismo religioso non ha mai riguardato la Siria, dove le diverse confessioni religiose sono sempre coesistite pacificamente - osserva Morelli - se non da quando gli Usa, con la loro partecipazione criminale al conflitto, insieme ad Arabia Saudita ed Israele, hanno voluto porre fine a questa convivenza pacifica di religioni”.
In chiusura è stata la volta della rappresentante della Confederazione Russa, Irina Osipova, presidentessa del movimento RIM giovani italo-russi. La mediazione diplomatica della Russia, e quindi di Putin, ha senz’altro giocato un ruolo decisivo per la Siria. A conforto di questo aspetto, la giovane relatrice, ha citato la lettera scritta dallo stesso presidente russo agli americani e pubblicata dal New York Times nel settembre dello scorso anno. “..Fin dall'inizio, la Russia ha avuto come priorità la ricerca di un soluzione pacifica del conflitto che potesse passare attraverso un compromesso e desse la possibilità ai siriani di decidere del loro futuro. Noi non stiamo proteggendo il governo siriano, ma le leggi internazionali. Noi vogliamo, dobbiamo appellarci alle Nazioni Unite perché crediamo che sia l'unico modo per preservare l'ordine e le leggi internazionali ed evitare così che un mondo così turbolento precipiti nel caos. La legge è ancora la legge, e che ci piaccia o no, dobbiamo ancora seguirla. L'attuale legge dice ha l'uso della forza è permesso solo come auto difesa o dietro autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Tutto il resto, per la Carta delle Nazioni Unite, è inaccettabile e si configura come un atto di aggressione..”

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