Roma, 14 mar – Si addensano già nubi scure sopra i colloqui di pace che dovrebbero iniziare oggi a Ginevra sulla Siria. Da Damasco, il ministro degli Esteri Walid al Muallim traccia la linea rossa del governo siriano: all’inviato Onu Staffan De Mistura (sì,
quello che aveva “brillantemente” gestito le fasi iniziali del caso
Marò), secondo cui le elezioni presidenziali si dovranno tenere entro 18
mesi dall’avvio del processo negoziale, il ministro ha risposto che “né
lui né nessun altro hanno il diritto di parlare di elezioni
presidenziali. È un diritto esclusivo del popolo siriano”. De Mistura
aveva detto che all’ordine del giorno dei colloqui ci saranno “tre
questioni: un nuovo governo inclusivo, una nuova Costituzione e nuove
elezioni che devono aver luogo entro 18 mesi a partire dall’inizio dei
colloqui”. Per il segretario di Stato americano John Kerry
le dichiarazioni del ministro siriano hanno un obbiettivo evidente, ed è
“chiaramente quello di far fallire il processo di pace”.
A dettare la linea sono quei galantuomini dell’opposizione siriana. Salem al Meslet,
portavoce della delegazione dell’Alto comitato dei negoziati nel quale
sono raggruppati alcuni dei gruppi chiave dell’opposizione, ha
dichiarato: “Noi speriamo che i negoziati comincino con discussioni
sull’organo di transizione, che avrà tutti i poteri compreso quello del
presidente della repubblica. Non ci sarà alcun ruolo in questo organo
per coloro che hanno commesso dei crimini, compreso Bashar al Assad”.
Nei giorni scorsi il negoziatore capo dell’opposizione Mohammed Allush ha affermato che questo periodo di transizione deve iniziare “con la caduta o la morte di Bashar al Assad”.
Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni.
Sulla Siria, ha detto, c’è “grande speranza”, ma “da parte del regime
di Damasco non tutti gli impegni sono stati mantenuti” e ci sono ancora
“zone sotto assedio”. Ci vuole una prospettiva politica, ha sottolineato
il titolare della Farnesina: “Non è possibile immaginare una
transizione in Siria e un nuovo contesto pluralistico e pacifico con
ancora Assad alla guida”. Insomma, la Siria, par di capire, sta
commettendo due peccati capitali: combatte ancora i terroristi e intende
decidere da sé da chi farsi governare. Ma chi si credono di essere,
questi siriani? Uno stato sovrano?
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